‘Non sono stupito: l’indagine era aperta da molto, c’era già stati arresti’
«Se parliamo a voce un po’ più alta forse riusciamo a sentirci». Felice Casson risponde al telefono durante una seduta dei lavori di Palazzo Madama. Il senatore del Partito Democratico, vicepresidente della commissione Giustìzia ed ex magistrato proprio a Venezia, tra i protagonisti nelle inchieste che vent’anni fa portarono alla cosiddetta tangentopoli veneziana, non è stupito. No, perché le indagini che avevano già condotto all’arresto del numero uno della Mantovani andavano avanti sottotraccia da anni e nell’aria c’era il sentore che sarebbero arrivati ulteriori sviluppi. Mail colpo è stato di quelli clamorosi e nella voce dell’ex pm si avverte un po’ di amarezza.
Senatore Casson, quindi non è sorpreso da questa nuova tangentopoli del Mose, dovevamo aspettarcela?
«Stupito no, perché questa indagine era aperta da parecchio e tra l’altro aveva condotto nel corso degli ultimi due anni già a tutta una serie di arresti che avevano coinvolto il presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati e il manager della Mantovani Piergiorgio Baita, che avevano a che fare proprio coi lavori del Mose. Si sapeva quindi che loro e gli altri arrestati avevano cominciato a parlare coi magistrati: c’è quindi stato bisogno di una fase di approfondimenti, verifiche, ricerche, riscontri e poi il tutto è confluito in questo provvedimento del gip. È una evoluzione prevedibile, visto che i magistrati hanno lavorato con serietà e riserbo fino ad ora, quindi direi che adesso è necessario aspettare e vedere l’esito dell’inchiesta, confidando nel loro accurato lavoro».
Tutto questo non le sembra un segnale ulteriore del fatto che in Italia quando si parla di grandi opere si va a finire per forza nella corruzione e nelle tangenti? Insomma, non si scappa…
«Eh sì, è un dato preoccupante, da aggiungere al fatto che per l’Expo di Milano, come per la questione adesso del Mose di Venezia, sono tornati in carcere personaggi già ben noti alle cronache giudiziarie di vent’anni fa. Questo vuol dire che gli interventi penali e repressivi non sono di certo la soluzione del problema, ma bisogna cercare di risolvere a monte in qualche altra maniera».
Il ruolo che il Magistrato delle Acque di Venezia aveva assunto in tutta questa vicenda secondo lei costituisce una parte del problema?
«Direi che è proprio uno dei problemi principali, perché il Magistrato delle Acque avrebbe dovuto controllare, invece, come ripetutamente abbiamo denunciato in interrogazioni al Senato, non lo ha mai fatto. Era di fatto diventato succube del Consorzio Venezia Nuova e questo è un dato preoccupante, tanto è vero che nella proposta di riforma della legge speciale per Venezia noi abbiamo chiesto proprio di trasformare completamente il ruolo del Magistrato alle Acque, che ha dato nel tempo una pessima prova di sé».
Ora secondo lei la politica come deve agire, quali sono i passi necessari?
«Bisogna assolutamente completare questa normativa penale in materia di anticorruzione che abbiamo all’esame del Senato, ma soprattutto cercare di fare funzionare la fase preventiva, e quindi i sistemi di controllo, la semplificazione delle norme, le verifiche costanti nella fase dei procedimenti amministrativi. E ancora prima, cosaperme importantissima, cercare di formare a monte una cultura dell’etica e del rispetto della legalità, che evidentemente è la nota carente principale di tutte queste vicende».
È rimasto sorpreso dal coinvolgimento del sindaco Orsoni?
«Non conosco bene le accuse, anche perché il provvedimento è di oltre settecento pagine, per cui stiamo a vedere. Quello che posso dire è che il gruppo di riferimento di tutti questi lavori era ubicato in Regione, dal presidente Galan, al presidente del consiglio di amministrazione Elia Sartori, all’assessore ai trasporti Chisso. Ricordo tra l’altro che la settimana scorsa abbiamo saputo che l’ex ministro Matteoli è passato all’esame del tribunale dei Ministri. Quindi direi che questa è la vicenda principale, con le strutture regionali e pubbliche coinvolte, vediamo ora quale sarà nello specifico l’accusa rivolta a Orsoni».
Senatore Casson, quindi non è sorpreso da questa nuova tangentopoli del Mose, dovevamo aspettarcela?
«Stupito no, perché questa indagine era aperta da parecchio e tra l’altro aveva condotto nel corso degli ultimi due anni già a tutta una serie di arresti che avevano coinvolto il presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati e il manager della Mantovani Piergiorgio Baita, che avevano a che fare proprio coi lavori del Mose. Si sapeva quindi che loro e gli altri arrestati avevano cominciato a parlare coi magistrati: c’è quindi stato bisogno di una fase di approfondimenti, verifiche, ricerche, riscontri e poi il tutto è confluito in questo provvedimento del gip. È una evoluzione prevedibile, visto che i magistrati hanno lavorato con serietà e riserbo fino ad ora, quindi direi che adesso è necessario aspettare e vedere l’esito dell’inchiesta, confidando nel loro accurato lavoro».
Tutto questo non le sembra un segnale ulteriore del fatto che in Italia quando si parla di grandi opere si va a finire per forza nella corruzione e nelle tangenti? Insomma, non si scappa…
«Eh sì, è un dato preoccupante, da aggiungere al fatto che per l’Expo di Milano, come per la questione adesso del Mose di Venezia, sono tornati in carcere personaggi già ben noti alle cronache giudiziarie di vent’anni fa. Questo vuol dire che gli interventi penali e repressivi non sono di certo la soluzione del problema, ma bisogna cercare di risolvere a monte in qualche altra maniera».
Il ruolo che il Magistrato delle Acque di Venezia aveva assunto in tutta questa vicenda secondo lei costituisce una parte del problema?
«Direi che è proprio uno dei problemi principali, perché il Magistrato delle Acque avrebbe dovuto controllare, invece, come ripetutamente abbiamo denunciato in interrogazioni al Senato, non lo ha mai fatto. Era di fatto diventato succube del Consorzio Venezia Nuova e questo è un dato preoccupante, tanto è vero che nella proposta di riforma della legge speciale per Venezia noi abbiamo chiesto proprio di trasformare completamente il ruolo del Magistrato alle Acque, che ha dato nel tempo una pessima prova di sé».
Ora secondo lei la politica come deve agire, quali sono i passi necessari?
«Bisogna assolutamente completare questa normativa penale in materia di anticorruzione che abbiamo all’esame del Senato, ma soprattutto cercare di fare funzionare la fase preventiva, e quindi i sistemi di controllo, la semplificazione delle norme, le verifiche costanti nella fase dei procedimenti amministrativi. E ancora prima, cosaperme importantissima, cercare di formare a monte una cultura dell’etica e del rispetto della legalità, che evidentemente è la nota carente principale di tutte queste vicende».
È rimasto sorpreso dal coinvolgimento del sindaco Orsoni?
«Non conosco bene le accuse, anche perché il provvedimento è di oltre settecento pagine, per cui stiamo a vedere. Quello che posso dire è che il gruppo di riferimento di tutti questi lavori era ubicato in Regione, dal presidente Galan, al presidente del consiglio di amministrazione Elia Sartori, all’assessore ai trasporti Chisso. Ricordo tra l’altro che la settimana scorsa abbiamo saputo che l’ex ministro Matteoli è passato all’esame del tribunale dei Ministri. Quindi direi che questa è la vicenda principale, con le strutture regionali e pubbliche coinvolte, vediamo ora quale sarà nello specifico l’accusa rivolta a Orsoni».